martedì 15 maggio 2012

Maurizio Giangarè - Cooperativa La Gramigna



Io ho un obiettivo nella vita, diventare una rockstar… ora abbiamo fatto una band ex novo, facciamo della musica allucinante… non suono più il basso, suono la chitarra, usiamo delle accordature aperte per cui vengono fuori delle cose mostruose… gli altri mi dicono “te sembri saggio, e invece sei matto!”. 

Io ho iniziato 22 anni fa in via Fiume. Ero punk… dark… tanti anni fa. Mi sono laureato in agraria nel 1987 a Bologna e avrei dovuto fare la tesi – che parlava di come le api non riescono a sopravvivere intorno alle centrali nucleari – con Giorgio Celli, che insegnava entomologia ed è diventato molto famoso come ambientalista negli anni Novanta, è stato uno dei primi a parlare di lotta integrata, di agricoltura biologica, seguiva le mosse del movimento ambientalista e anche in Italia cominciavano a sorgere, come molti anni prima in Germania, i primi negozi bio. A quell’epoca eravamo tutti squattrinatissimi, non che ora vada meglio ma insomma, più o meno un lavoro c’è, uno stipendio arriva, e frequentavamo una cooperativa di Bologna che si chiamava Il Girasole, ed era gestita da persone estremamente in gamba, di cui una, Lorenzo Saredo, sarebbe diventato il fondatore del Baule Volante. La cooperativa funzionava bene, al punto che aveva un utile di esercizio a disposizione per poter aprire un altro punto vendita in un’altra città e aveva proposto, a me e a Marina (mia moglie) e a un altro paio di amici, di aprire la cooperativa qui a Spezia mutuandola dal Girasole. Abbiamo cercato in giro, fondi a prezzi economici non ce n’erano, è morta lì. Però l’idea c’era.  

Abbiamo cominciato con la vendita porta a porta di un piccolo ingrosso di prodotti di Parma, che vendeva le marmellate dell’Achillea, fette biscottate, un po’ di pasta, e le vendevamo agli amici, eravamo una specie di piccolo gruppo d’acquisto ante litteram. Era il 1988, eravamo appena tornati a Spezia. 24 anni fa. Poi alla fine abbiamo detto “proviamo a fare una cooperativa noi”. Abbiamo radunato un gruppo di amici e persone vicine, abbiamo fondato la cooperativa, c’era un collegio sindacale formato da amici, quando i collegi sindacali erano ancora gestibili da amici. 


Nel ’90 è nata la cooperativa. Abbiamo aperto il primo punto vendita in via Fiume ed eravamo tra i primi. Prima di noi avevano aperto a Sarzana gli arvendaroi, e parlo di due o tre anni prima. Sotto la stazione c’era questo negozio con le porte rosse e l’insegna, cartelloni fuori con scritto “biologico”, era una roba militante, una roba strana. Erano gli anni Novanta, in pieno edonismo. Non gliene fregava niente a nessuno. Poi, in una città come Spezia, governata da una logica militare, l’Arsenale, il disimpegno ambientale che si vede ancora oggi, con la sentenza di Pitelli, la centrale dell’Enel che dovrebbe essere chiusa e invece funziona, riaprono le discariche, la raccolta differenziata non funziona come dovrebbe… allora eravamo dei pionieri. La clientela di allora era tutta fatta sul passaparola, di amici degli amici, nel tempo abbiamo conosciuto delle persone straordinarie con cui oggi siamo amici fraterni. Molti venivano perché avevano dei bambini da svezzare e quello è sempre stato un ottimo modo per cominciare: non lo facevi per te, lo facevi per tuo figlio. Ancora adesso mi ricordo tante mamme che venivano e prendevano i prodotti per bambini, e le persone anziane che volevano ritrovare i sapori di quando erano bambini e mangiavano le cose dell’orto che avevano un sapore diverso dalla plastica dei supermercati. 


Ma noi per primi eravamo ancora ignoranti, quando le aziende ci dicevano “perché non cominciate a mettere il tahin” “e cos’è il tahin??”, la salsa di soia, piano piano è cominciata questa formazione alimentare importante e, soprattutto per me e Marina, è stata fondamentale la svolta macrobiotica, abbiamo conosciuto la Finestra sul cielo che era una ditta d’importazione di prodotti macrobiotici nella figura di Carlo Guglielmo, presidente della Finestra e consulente macrobiotico, molto in gamba, molto preparato, una persona straordinaria che abbiamo cominciato a frequentare in maniera attiva e ci ha cambiato la vita. Non era più soltanto “vendere prodotti biologici”, ma vendere prodotti per la salute, non convertire al biologico un’alimentazione convenzionale, ma dare una nuova visione dell’alimentazione: cereali, legumi, verdure, eliminare o limitare il più possibile i formaggi, i salumi, le carni rosse, verdure non essenziali come pomodori o patate… insomma, dando un’impronta macrobiotica e provando a fare assaggiare i fiocchi, i cereali, le alghe, il miso, la salsa di soia, condimenti anche un po’ particolari. Poi io sono sempre stato interessato alle erbe, per cui è cominciato un percorso iniziato già in parte nella facoltà di Agraria, di approfondimento dell’uso delle erbe per la salute, e visto che la normativa lo permetteva, perché un laureato in Agraria può vendere prodotti erboristici, abbiamo cominciato ad avere un piccolo settore di fitoterapici, selezionati in aziende che lavoravano in maniera ottimale il prodotto, raccolta delle erbe in tempo balsamico, cura particolare nella preparazione delle tinture e dei pastigliaggi; anche quelli contribuivano a dare una spinta verso la salute. 


Chi veniva da noi trovava e trova ancora, anche oggi, il consiglio alimentare, il consiglio fitoterapico, un’impostazione importante sullo stile di vita, per cui questo è un po’ la nostra visione del mondo, un mondo che non va verso i centri commerciali, non perché noi non ci siamo dentro, ma perché noi proponiamo un rapporto diretto con le persone; le persone vengono, devono chiedere, devono avere delle risposte, devono sapere che la cosa più importante non è mangiare il riso integrale; sì, mangiare bene, ma anche fare attività fisica, pensare in maniera pulita, usare tecniche corporee come lo yoga, il tai chi, ma anche semplicemente non passare le domeniche in cubi di cemento… la città è quello che è, ma abbiamo le Apuane a un’ora, le Cinque terre, un entroterra di colline meravigliose; stare in mezzo alla natura, ritrovare l’istinto per vivere nella natura. Questo è il nostro obiettivo. Il nostro obiettivo non è fare il negozio grande, il supermercato grande, anche se poi naturalmente ci piacerebbe aprire un posto bello, con il ristorante e il negozio vicino, però sono cose che ci diciamo da dieci anni e non le abbiamo mai fatte, siamo ancora così come siamo. Molto ruspanti.

Non abbiamo il monopolio. E questa cosa mi riempie di gioia e lascia un po’ sgomenti a volte i rappresentanti che vengono qua e dicono “ho questo prodotto, ve lo diamo in esclusiva”, e io dico “non mi interessa, vendilo a chi vuoi, anche al negozio a 300 metri da qui”. Noi non abbiamo problemi di esclusiva, non ci interessa. Se tu credi realmente in una visione dell’alimentazione, della dieta, della vita naturale, etc., quanto più si allarga il consumo di questi prodotti, meglio è. Paradossalmente va anche bene che li vendano i supermercati, la grande distribuzione. Il problema è che lì devi già essere un consumatore accorto, perché se hai bisogno di una benché minima informazione nessuno è in grado di dartela, la grande distribuzione e la cultura alimentare viaggiano su due binari completamente diversi, non sono certo dei nostri compagni di strada. Negli anni abbiamo svolto un lavoro grande; abbiamo quasi ottocento soci, anche se ora l’associarsi alla cooperativa è venuto un po’ meno. In questi tempi di magra economica è difficile che uno spenda 25 euro per sostenere una cooperativa, quando le stesse cose le trova in negozi che non gli impongono questa scelta. Giustissimo dal punto di vista economico, ma ciò che diamo in confronto agli altri è sicuramente qualcosa di più, e poi dietro questa associazione c’è il sostenere un progetto che va oltre il discorso commerciale.

Le persone vanno e vengono. Abbiamo un bacino di utenza così ampio che a volte le persone non le vedi per mesi, per anni, ma poi ritornano, perché il lavoro che abbiamo fatto nel tempo i frutti li dà; c’è chi ci segue con fedeltà assoluta da ventidue anni, chi ci ha seguito, chi ci ha abbandonato… è cambiato molto il mercato del bio, i negozi spuntano un po’ dappertutto, a Sarzana ne hanno aperti tre, ne apriranno uno a Lerici, c’è una situazione in continuo mutamento; il nostro bacino di utenza non era solo la città. È vero che ogni negozio ha il suo stile, la sua impronta, penso che chi è attratto dalla macrobiotica avrà sempre noi come punto di riferimento per i consigli o per i prodotti, che per noi hanno una valenza molto particolare, anche se c’è stato il disastro di Fukushima io credo che la dieta macrobiotica sia «»la dieta dell’essere umano” e che quindi, anche se non useremo le alghe giapponesi, cercheremo di dare una visione e un supporto alimentare ottimale.

Io mi definisco sempre un “negozio militante”, siamo quelli che eravamo ventidue anni fa, non siamo cambiati, mentre le aziende che ci riforniscono sono cambiate tantissimo. I rapporti che c’erano ventidue anni fa tra noi e i nostri fornitori oggi sono completamente diversi. Con le vecchie aziende abbiamo gli stessi rapporti, perché poi le persone con cui ci relazioniamo sono più o meno le stesse e quindi c’è anche un’amicizia di vecchia data. Sta venendo fuori un biologico nuovo, con le fusioni di grandi gruppi, quasi un monopolio del biologico che è in mano a realtà con cui lavoriamo veramente a disagio, perché sono troppo grossi, tendono ad avere una visione capitalistica, devono fagocitare il più possibile il mercato, vorrebbero avere un controllo totale del mercato.
Anche in questi nuovi punti vendita che si stanno affermando, marchiati Ecor, c’è una spersonalizzazione. Sono tutti uguali, dal Piemonte alla Sicilia. Secondo me è fondamentale che ci siano ancora realtà come noi. C’è un rapporto umano diverso.

Io sono convinto che le aziende con cui cerchiamo di lavorare, e che sono in grande crisi perché questo colosso li sta minando dalle fondamenta, facciano un lavoro di selezione e di qualità del prodotto che purtroppo si riflette in un prezzo un pelo più alto. Ecor ti dà un prodotto a un prezzo più basso su una qualità, secondo me, inferiore. Non hanno avuto problemi ad andare a cercare le granaglie a prezzo più basso in Cina, mentre gli altri cercavano di comprare in Italia e in Europa. Adesso, naturalmente, la rincorsa è a cercare di tamponare il danno che fanno queste scelte, perciò anche gli altri cominciano a prendere i legumi, i cereali lontanissimo da noi. Tutti però cercano di tamponare dicendo “OK, abbiamo i borlotti che costano pochissimo ma vengono dalla Cina, ma abbiamo anche il borlotto coltivato in Italia, costa un po’ di più però… non per un discorso economico ma ecologico, non dico a km0, ma di produzione locale, dove hai un controllo migliore, dove sostieni delle aziende agricole biologiche italiane, noi cerchiamo di fare anche questa scelta. 


Abbiamo ricominciato a lavorare con degli antichi mulini, cerchiamo il più possibile di lavorare con l’ortofrutta locale, quando proprio il nostro produttore di riferimento locale non ce la fa perché è nel cambio di stagione, deve ancora finire di trapiantare alcune cose, non riesce ancora a raccogliere le primizie, etc., purtroppo siamo costretti a prendere da Ecor, o da qualcun altro. Io credo che i negozi piccoli come noi devono avere chiaro il quadro: non bisogna farsi incantare da queste sirene che arrivano, se vuoi compri tutto da loro, dal prodotto confezionato all’ortofrutta, e non hai nessun problema, ti semplificano la vita, e invece non dev’essere così. Ci dev’essere una diversificazione. Se tu lavori con diverse aziende ti confronti anche con modi diversi di pensare riguardo al biologico, e non con un’unica filosofia di pensiero che, in questo caso, è il profitto. Non che gli altri non ce l’abbiano; purtroppo i rapporti sono cambiati. Nel momento in cui sono apparse figure commerciali nelle grandi aziende bio purtroppo è cambiato il modo di relazionarsi. Certo, era impensabile illudersi di poter andare avanti dando del tu ai proprietari di aziende che oggi fatturano tre, quattro, cinque milioni di euro. Però era bello che all’inizio fosse così. Purtroppo è troppo spersonalizzante il rapporto che c’è ora, per cui i negozi storici come noi sono rimasti pochi in Italia. Stanno tornando i giovani. 

Noi abbiamo una fascia di utenza che è la classe media, impiegati, insegnanti, operai, persone normali che comunque continuano, nonostante questi tempi di crisi, a venire, perché siamo stati clamorosamente favoriti dall’euro e dalle truffe che l’euro ha perpetrato ai danni di tutti noi, per cui andare a comprare all’ortofrutta in piazza del Mercato costa poco meno della nostra ortofrutta biologica; noi cerchiamo di avere una marginalità sui prodotti freschi, in generale, non troppo elevata in modo che siano alla portata di tutti.
C’è chi dice “il biologico non esiste, il biologico è una truffa, ti fanno credere che sia buono e invece è tutta rumenta”… non è vero perché chiunque mangia in un certo modo e assaggia i prodotti bio tocca con mano che il sapore, la qualità, gli ingredienti dei prodotti sono ben diversi dalla grande distribuzione e dai prodotti non biologici. Purtroppo devo dire che oggi i prodotti biologici freschi, parliamo di ortofrutta, contengono meno vitamine e sali minerali di quarant’anni fa. Questo grazie al fatto che in Italia si è continuato a usare una valanga di pesticidi, diserbanti, prodotti chimici di sintesi che hanno indebolito e impoverito il terreno, per cui oggi prendi un terreno che è stato coltivato chimicamente, lo bonifichi, per un paio d’anni fai agricoltura di conversione senza usare nessun prodotto chimico di sintesi, diventi un’azienda agricola in conversione, dopo cinque anni diventi biologico e fai tutte le concimazioni di fondo col letame, usi le alghe, i minerali, gli oligoelementi… purtroppo le piogge acide e tutto quello che è stato fatto al ciclo delle acque, al terreno stesso su cui coltivi, non ti dà più la ricchezza in vitamine e sali minerali di quarant’anni fa. Pagheremo il conto tutti, perché abbiamo usato troppa chimica e ora le conseguenze ce le mangiamo tutti. 

È evidente che il prodotto biologico di oggi è cento milioni di volte meglio del prodotto chimico di oggi; però purtroppo l’ambiente è sempre più inquinato. A volte le persone vengono e dicono “ma tanto poi l’aria…”, “le piogge acide…”… sì, ho capito, ma intanto non gli diamo nessun tipo di pesticida, non gli diamo nessun fertilizzante chimico, il sapore, la qualità, la vitalità delle cose sono completamente diverse, senza considerare il discorso degli OGM, che sono un rischio enorme contro cui dovremo lottare, anche se penso che andrà a finire piuttosto male, perché siamo perdenti su tutta la linea. 

Il primo anno, dove abito, ho coltivato la terra. Abbiamo fatto un bellissimo orto e non abbiamo mangiato niente perché se lo sono mangiato i cinghiali. E quindi, siccome usavamo l’acqua del sindaco, perché abbiamo recuperato una sorgente solo dopo cinque anni che abitiamo lì, e i cinghiali continuano a prosperare in quantitativi… io sono vegetariano da ventisei anni, ma sto diventando un fautore della caccia al cinghiale.

I miei sogni si sono realizzati. Ventidue anni fa lavoravo come insegnante precario sei ore alla settimana in una scuola privata, mi assumevano il più tardi possibile e mi licenziavano il prima possibile, si campava un po’ così… quando abbiamo fondato la cooperativa la Gramigna nel ’90 abbiamo fatto lavoro militante per quattro anni, io per quattro anni non ho preso un centesimo, il primo stipendio è arrivato, me lo ricordo ancora, nel giugno 1994, l’ho segnato nel calendario… e tutti intorno contribuivano: questo mese c’è da pagare l’affitto, c’è da pagare l’INPS, c’è da pagare l’IVA… e i soldi non c’erano… quante volte ci siamo guardati nelle palle degli occhi: “cosa facciamo, chiudiamo? Basta, chiudiamo, è ineluttabile”… un’altra crisi analoga l’abbiamo vissuta nel 2003. Eravamo in via Biassa, in un locale troppo piccolo rispetto alle nostre necessità. A un certo punto ci siamo accorti che era impossibile continuare a rimanere lì dentro. Non riuscivamo ad avere tutto quello che le persone ci chiedevano. E allora abbiamo fatto la scelta di spostarci in un locale più grande, abbiamo fatto tre o quattro mesi di lavori con amici-fratelli che volontariamente hanno prestato la loro opera e ci hanno dato una mano, perché altrimenti oggi non saremmo qua a parlare… io sarei a lavorare da qualche altra parte. Per mesi, forse anche anni, persone che venivano in via Biassa qua non si sono viste.

Nonostante la crisi, noi stiamo andando bene. Stiamo continuando a lavorare bene, le persone vengono, il negozio, lo vedete, è pieno, è sempre affollato. Aspettiamo di vedere come saranno i prossimi due anni, poi dovremo andare via, e allora faremo i conti con i progetti che ci sono da tempo di fare una cosa bella, sperando di non pagare lo scotto del fatto che ti sposti in un posto meno centrale, bisogna lottare contro l’abitudinarietà delle persone. Non andremo fuori città e nemmeno alle Terrazze; io penso che non ci metterò neanche piede, alle Terrazze. Non c’è niente… lì dentro, secondo me, c’è la morte della città. Se penso che questa amministrazione la sbandiera come una conquista… “Spezia diventa grande”… ma vogliamo parlare un attimo degli ultimi quindici anni di questa città? Parliamo dell’ambiente, parliamo dell’Enel, parliamo di Pitelli? Parliamo della raccolta differenziata? Parliamo della cultura di questa città? Tante iniziative che potevano essere fatte in città sono emigrate altrove, pensa al premio Andersen, al Festival della Mente… la cultura che passa qual è? La cultura di passare le domeniche nei centri commerciali? Dovrebbero essere abbattuti.
Noi siamo una cooperativa. Aderiamo alla lega nazionale delle cooperative e abbiamo fatto un’adesione convinta e politica. Ma i loro candidati ovviamente sono candidati del centrosinistra, perché c’è questa visione politica comune, devono avere ben chiaro l’obiettivo di aiutare la Coop. Ma in questa città, che è una città di disoccupati, di rovina mentale, culturale, sociale, c’era bisogno del secondo centro commerciale più grande d’Europa? Le Terrazze faranno morire il centro della città. 

La Gramigna è un negozio pionieristico di cibo biologico in piazza Cesare Battisti 42 a La Spezia. Telefono 0187 739728 

intervista Catia, Laura - foto Roberto

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