mercoledì 18 aprile 2012

indagine sul territorio di geneviève marotel

pubblichiamo questo bel lavoro sui produttori del territorio svolto da Geneviève Marotel del GAS L'Orbaco


Ringrazio

le aziende biologiche della zona,
che hanno accettato di dedicarci il loro tempo
e di rispondere alle nostre domande


Alice Cervia, Giovanna Peri,
Roberta Petacco, Marina Rezzonico,
Teresa Terracciano, Andrea Venuta e Luca Zucconi,
per il loro contributo e il loro sostegno.

INTRODUZIONE
Questo documento è il risultato di un’iniziativa nata all’interno del Gruppo di Acquisto Solidale L’Orbaco di Castelnuovo Magra.
A partire dalla sua creazione, nel 2004, l’Orbaco ha attuato il principio di solidarietà con i produttori della zona, uno dei valori alla base di ogni GAS, attraverso la scelta di rivolgersi, ogni volta che sia possibile, ad aziende locali individuate sulla base della loro certificazione di produzione biologica o, in alcuni casi, dei criteri (etici, di qualità, di metodi di produzione o di lavorazione,…), che concorrono solitamente a formulare gli standard biologici. Questa pratica ha consentito di instaurare nel tempo, come si vedrà, dei proficui e positivi scambi, sia di tipo relazionale che organizzativo, che hanno avuto come esito anche dei risultati significativi sul piano economico.
Ben presto, si è sentita l’esigenza di approfondire questo rapporto e di rinforzare questi scambi, per due motivi, entrambi legati al principio di solidarietà con il territorio :
    - avendo il GAS raggiunto un equilibrio nell’organizzazione pratica degli acquisti e dello smistamento, c’era ormai spazio per dedicare più energie alla valorizzazione e al sostegno dei piccoli produttori Bio locali. Attraverso incontri ed interviste, l’intenzione era, per  prima cosa, di conoscere meglio la loro storia e le loro problematiche aziendali e territoriali per valutare meglio, eventualmente, come aiutarli e come sostenerli nei loro progetti e le loro iniziative.
    - essendoci una preoccupazione crescente per le trasformazioni del territorio locale in generale e dell’agricoltura in particolare. Basta vedere gli innumerevoli segnali di allarme ; fra questi, in particolare, la scomparsa delle attività, delle competenze dell’agricoltura, dei prodotti, dei sapori tipici, e soprattutto la cementificazione e il degrado del paesaggio e del nostro ambiente.
L’indagine è stata effettuata sulla base d’interviste presso i principali fornitori locali del GAS di Castelnuovo Magra (un’azienda di apicoltura, due aziende di allevamento, quattro aziende di orticoltura).
Le tematiche affrontate nelle interviste si riferivano ai seguenti argomenti :
- motivazioni della scelta del Biologico
- scelte principali di produzione, di lavorazione, di commercializzazione
- progetti per il futuro
- rapporti con gli enti certificatori/ amministrazioni/gruppi di Acquisto/altri attori.
È stata accordata un’attenzione particolare alla dimensione sociologica e culturale dell’affermarsi di un’azienda, della sua opzione per il Biologico e dei suoi legami con il territorio.
Per l’analisi e la relazione, sono state scelte quattro aziende agricole, per motivi legati alla loro diffusione sul territorio e al ruolo prevalente dell’agricoltura, sia nella storia produttiva e nella cultura tecnica della zona, che nella tutela dell’ambiente e del paesaggio.
Si tratta di aziende di dimensioni medio-piccole a conduzione familiare, di cui tre sono situate in Liguria, in zona di pianura, e una in Toscana, in zona di media montagna.
Per le loro date di certificazione Bio (due nel 1995, e due nel 2001, tra cui uno con un’interruzione della certificazione dal 2007 al 2010), e per la diversità delle loro localizzazioni e scelte di produzione - commercializzazione, queste quattro aziende si possono considerare rappresentative della realtà della maggioranza delle aziende Bio della Val di Magra.
Occorre aggiungere che, a prescindere dalle loro specificità, le altre aziende intervistate ma non prese in considerazione nella presente relazione, condividono la maggior parte delle posizioni degli agricoltori per quanto riguarda la gestione aziendale e i problemi all’interno del settore Bio.
Nell’affrontare l’esame dei dati raccolti, si è resa sempre più evidente l’importanza delle relazioni fra dimensione sociale, politica ed economica, sia a livello locale che globale, e questo ha portato ad ampliare l’analisi, dai percorsi e dalle logiche di sviluppo delle singole aziende, alle dinamiche che hanno determinato, prima la nascità di attività Bio poi l’ulteriore calo, per non dire di più, del settore.
Nel frattempo, sono intervenuti o si sono affermati diversi cambiamenti, alcuni già avviati al momento della ricerca, altri che si stanno evidenziando in questo ultimo periodo. Si pensa non soltanto all’avvento dei Gruppi d’Acquisto Solidale e dei mercatini, ma anche ad un fermento collettivo diffuso :
- a livello locale, attraverso la creazione di comitati ed associazioni rivolti al suolo, all’ambiente e alla salute
- a livello nazionale, attraverso le dinamiche di organizzazione delle associazioni di produttori Bio
- a livello europeo, attraverso l’avvio della riforma della Politica Agricola Comune
Tutto ciò consente oggi di leggere in chiave un po’ meno pessimista alcuni aspetti fortemente e strutturalmente negativi, emersi in modo significativo nel corso delle interviste.    
In ogni caso, l’obiettivo di questo lavoro è di lanciare un segnale d’allarme forte, sia per la tendenza, sempre più marcata, di un inesorabile abbandono delle attività agricole peculiari della nostra zona, sia per la rottura del legame (politico, tecnico, culturale) con questa tradizione.

I - CRONOLOGIA
Verranno descritte le tappe più importanti della nascita e dello sviluppo  dell’agricoltura biologica a livello locale, così come ricordate dai produttori intervistati.
Già negli anni ’70 sono presenti i primi fermenti, specialmente in Nord Europa ma anche in Italia, di reazione alla eccessiva diffusione della chimica nell’Agricoltura e nell’alimentazione. In Italia, secondo i produttori intervistati, tra le esperienze pioniere c’è quella della Toscana, negli anni ’80. Nasce infatti a Firenze nel 1983 il Coordinamento Toscano dei Produttori Biologici (CTPB), socio dell’IFOAM, International Federation of Agricultural Movements, che raggruppa le organizzazioni di agricoltura biologica appartenenti a più di cento paesi. A partire dal dopoguerra, infatti, la Chimica in agricoltura aveva registrato una crescita smisurata. Come reazione a questa tendenza, negli anni ’80, si afferma la volontà di fare le cose in maniera diversa da parte di alcuni piccoli agricoltori, che iniziano a sperimentare altri medoti di lotta e di produzione alternativi alla chimica, e che mettono in campo sinergie non solo locali, cercando nuovi circuiti commerciali.
Nel 1991 avviene una svolta importante : La Comunità Economica Europea adotta un regolamento sul Biologico (Reg.CEE 2092/91), che prevede aiuti, contributi e formazione per chi vuole intraprendere questo percorso. Con la sua entrata in vigore si è avviato un processo di riorganizzazione delle piccole associazioni di produttori biologici e dei coordinamenti di produttori e consumatori ormai presenti in tutte le regioni. È da questa dinamica che nascono gli organismi di controllo oggi riconosciuti. Il tutto si svolge senza il sostegno delle associazioni di categoria degli agricoltori, se non in qualche caso sporadico.
Un ulteriore periodo di positivo fermento segnalato dai nostri interlocutori, è quello che culmina con la nomina di Pecoraro Scanio a Ministro dell’agricoltura nel Governo Amato del 2000.
Un nuovo trend positivo inizia nel 2007 con l’avvento dei GAS, Gruppi di Acquisto Solidale, e si conferma nel 2009 con la diffusione dei mercatini del contadino che associano aziende locali, Bio e non (uno dei primi mercatini su questa base fu quello di Sarzana « La natura va in città » nel 2006 a cura del “Circuito Le Rane »). Ancora una volta, questa dinamica avviene sull’onda della legislazione europea : del Regolamento europeo (Reg. CE 852/2004 e 853/2004) detto « Pacchetto igiena », poi nel 2006-2007 della legge e del decreto ministeriale che istaurano una nuova  regolamentazione sui mercati. #
La cronologia, così come emerge dal racconto dei produttori, riflette i principali momenti che hanno scandito la storia del Biologico a livello nazionale ed europeo.
Va sottolineato che, nei racconti, due momenti sono stati ricordati più volte e con molto più enfasi.
Il primo è il regolamento europeo 2092 del 1991, che finalmente ha concesso un riconoscimento ufficiale al Biologico e ha dato il via agli incentivi sia a livello europeo che nazionale.
Il secondo e ancora più sentito è l’ « arrivo dei G.A.S. » e dei mercatini del contadino che, istituendo un circuito di filiera corta,  hanno offerto un canale di vendita più sicuro, più flessibile e più equo in termini di prezzi e che, come si vedrà adesso, hanno dato impulso, attraverso i rapporti interpersonali e la diffusione di associazioni e comitati vari, a nuove sinergie e dinamiche sia a livello produttivo (tecnico o commerciale) che a livello istituzionale e politico.
Tale dinamismo è oggi particolarmente vivace, anche sulla base del dibattito della riforma della PAC.

II - DINAMICHE CON ALTRI ATTORI E ISTITUZIONI
Il fenomeno dello sviluppo e dell’affermarsi del Bio è espressione di una rete di rapporti tra gli agricoltori stessi e un insieme di attori, sia locali che interregionali, sia singoli che associazioni o istituzioni, che si è tentato di individuare.  Ecco quali sono quelli che emergono dalle interviste.
Dal punto di vista cronologico, il primo attore menzionato è il Coordinamento Toscano dei Produttori Biologici, al quale, fin dall’inizio, gli agricoltori locali si sono rivolti, pur non essendone necessariamente soci, per avere le prime informazioni sulla pratica e sulla normativa. Il Coordinamento ha rappresentato quindi un imprescindibile punto di riferimento, nonostante la distanza geografica e amministrativa, il che fa intravedere l’intensità dei legami e dei rapporti all’epoca : « Ci consideravamo come una famiglia. Stavamo bene insieme, si discuteva senza rivalità e animatamente dell’agricoltura, delle richieste, dei cambiamenti, delle dinamiche politiche, per arrivare a sviluppare i nostri ideali. All’epoca, c’erano davvero degli ideali condivisi, e le realtà di coltivazione erano diverse con delle differenze molto marcate ». Uno degli agricoltori Bio che ha partecipato a questa prima fase è tutt’ora iscritto al CTPB.
    . Rimanendo per ora all’interno di questo raggio geografico più ampio, e facendo riferimento ai diversi momenti di fermento negli ’80 e ’90,  sono stati citati diversi contatti con Università e Istituti di Ricerca, in particolare di Pisa e Bologna. Nei racconti spiccano infatti figure di ricercatori o professori che hanno avuto un ruolo importante nell’informazione e sperimentazione di nuovi metodi. Viene ad esempio ricordata la figura di Giorgio Celli, famoso entomologo e docente all’Università di Bologna, per la messa a punto di tecniche d’impollinizzazione con insetti o di lotta biologica contro i parassiti con insetti antagonisti. In questi casi abbondano gli esempi di collaborazioni tra gruppi di ricercatori e studenti, e gli agricoltori Bio, scambi caratterizzati da rapporti di empatia e simpatia, favorevoli allo sviluppo di nuove tecniche e dinamiche.
Contrariamente a quelli che « venivano giù e sperimentavano davvero sul campo », altre figure sono ricordate dai contadini come troppo esclusivamente teoriche e chiuse a sperimentazioni, e avrebbero potuto ostacolare la messa in opera di alcune soluzioni innovative, se non fosse stato per la tenacia degli stessi contadini che hanno messo in campo la loro curiosità e la loro voglia di sperimentare, sfruttando altre fonti di informazione.
Emerge, quindi, in relazione a questi episodi, il ruolo importante che può, in particolare in periodi di fermento come quello appena descritto, svolgere il mondo della ricerca (universitario e non solo) in modo più o meno formale, più o meno istituzionalizzato. Va sottolineato come si possono coniugare, in maniera produttiva, l’esperienza empirica, la curiosità, la voglia di fare dei contadini, da un lato, e dall’altro, il sapere teorico e le conoscenze scientifiche di ricercatori e tecnici, quando, da entrambe le parti, ci sono individui disposti a cogliere occasioni di sperimentazioni e affinità di idee e di caratteri.
    . Nel campo della formazione e dello sviluppo della filosofia e delle pratiche Bio, vengono evocati positivamente anche l’Azienda Agricola Dimostrativa di Pallodola a Sarzana che ha svolto negli anni ’90 un importante ruolo formativo e informativo (sessioni di formazione e documentazione, vendita di piantine e di semi biologici), e la Cooperativa La Fratellanza Agricola di Sarzana che vendeva su ordinazione « per accontentare i produttori biologici » piantine, prodotti, attrezzature ecc..).
    . A livello strettamente locale, per quanto riguarda il problema vitale della vendita della produzione, l’attore citato da tutti i produttori è la Cooperativa Sarzanese.
La Cooperativa avrebbe infatti potuto garantire lo sbocco dell’intera produzione, tuttavia le testimonianze concordano nel sottolineare con insistenza l’assenza di stimoli da parte di questa struttura nei confronti delle nascenti attività Bio, oggi più consolidate. Mancava infatti una valorizzazione della specificità Bio dei prodotti, sia in termini di prezzi (i prodotti venivano venduti al prezzo dei convenzionali) sia in termini di qualità. 
Si nota un rammarico evidente per la mancanza di dinamiche di scambio che all’epoca hanno caratterizzato i rapporti con la Cooperativa sarzanese, per quanto riguarda lo sbocco economico della produzione Bio, anche se questa tematica andrebbe approfondita per evidenziare le logiche obiettive, sia tecniche che economiche, che hanno frenato l’interrelazione tra entrambe le parti : « Non è che si siano impegnati per noi, ma non ci hanno mai criticato. Avranno i loro problemi anche loro, sono sul mercato, devono andare avanti con i clienti che hanno e con la gente che lavora da loro ».
Va sottolineato che questi problemi caratterizzano le aziende giovani quando entrano sul mercato, mentre col tempo riescono progressivamente a ideare soluzioni alternative per la commercializzazione, tra cui la vendita diretta in azienda, quando possibile.
    . Negli anni ’90, il riferimento più importante per la vendita del Biologico all’interno del mercato all’ingrosso è stato il grossista « Biofrutti » che commercializzava frutta, ortaggi, vini e altri prodotti bilogici, e che riforniva su un ampio raggio (Milano, Genova, Parma, Lucca, Firenze, Massa, …) i pocchi negozi all’epoca specializzati nel Bio. Attorno a Biofrutti si è sviluppata all’epoca non soltanto una logistica commerciale imperniata sui prodotti biologici, ma anche una intensa dinamica di riflessioni, scambi di idee e progetti riferiti all’incentivazione delle attività del Biologico. Tutti concordano per dire que questa dinamica, che ha collegato assessori comunali, provinciali e regionali, insegnanti, produttori e consumatori, ha rappresentato una vera e propria svolta culturale, e rimpiangono vivamente che si sia interrotta. Alcuni attori importanti del Bio a livello locale si sono formati a contatto con questa realtà, come l’attuale titolare di un importante negozio Bio di Sarzana.
    . Nel percorso dei singoli produttori alla ricerca di sbocchi commerciali più redditizi e adatti alle loro caratteristiche, sono state una tappa importante alcune botteghe locali di frutta e verdura che si sono dimostrate più aperte e recettive nei confronti dell’esperienza Bio. Anche se, nel tempo, nemmeno le botteghe hanno rappresentato la soluzione ideale, hanno non soltanto consentito la vendita, ma anche e sopratutto stimolato gli agricoltori a differenziare la loro produzione e a seguire la stagionalità per rispondere meglio alle esigenze del mercato. Le botteghe hanno dato quindi un’impronta decisiva all’organizzazione della produzione.
    . Anche all’interno della comunità locale degli agricoltori, caratterizzata da un sovrapporsi di pratiche tradizionali e da una crescita esponenziale dei prodotti chimici, non mancavano le incomprensioni e le difficoltà. I produttori Bio, che stavano compiendo un percorso tuttaltro che facile e lineare, venivano considerati come delle vere e proprie « mosche bianche », sentendosi trattare da « stupidi, scemi, isolati ». Le tecniche da loro utilizzate, come la rinuncia ai  fitofarmaci, i nuovi metodi di concimazione o l’utilizzo di insetti per la lotta biologica, venivano considerati come delle pazzie.
Da parte delle Associazioni di categoria (Coldiretti, CIA, Confagricoltura), nonostante i piccoli agricoltori Bio ne fossero soci e pagassero quanto gli altri la loro tessera, non hanno ricevuto ne considerazione ne aiuti particolari : « Qualche corso o convegno lo hanno creato ma erano più osservatori che protagonisti. Non erano neanche preparati per questo discorso. Facevano riferimento al grosso dei produttori che erano favorevoli al tradizionale e che avrebbero potuto sentirsi minacciati. Nei migliori dei casi arrivavano alla lotta integrata ». « È un’indifferenza. Rappresentano la maggioranza che non è orientata verso il Biologico ».
Come lo si vedrà più avanti, queste considerazioni valgono tuttora, nonostante il Bio stia lentamente prendendo campo.
    . Ruolo della famiglia, collaborazioni tra agricoltori  
Come in tutte le piccole aziende agricole, il ruolo della famiglia si verifica determinante, prima di tutto per la costituzione del patrimonio. Gli agricoltori intervistati appartengono tutti a famiglie di contadini e hanno ereditato, sia direttamente, sia anche attraverso il matrimonio, un « capitale iniziale » costituito da terreni, fondi e attrezzature : « Per dei piccoli come noi, in una zona in cui le parcelle sono piccole, ci vogliono generazioni per costituire un’azienda con un ettaro di terreno, il minimo per lavorare in modo decente. Nel mio caso ci abbiamo messo più di trenta anni. Per disfarlo, ci vuole un attimo ». Questo patrimonio familiare è costituito anche da competenze, conoscenze, esperienza : « La manualità, l’ho sempre avuta perché da ragazzo ho sempre lavorato con mio padre, quindi quando ho iniziato sapevo già tante cose, potare, legare, guidare il trattore, … ».
Anche se le nuove normative non consentono più come una volta la collaborazione alle attività dell’azienda di membri della famiglia, ristretta o allargata, quella rimane tutt’ora una risorsa, in modo più o meno formale e occasionale, sia per la produzione o la vendita, sia per la circolazione di competenze, d’informazioni, o anche per la messa a disposizione di un reddito complementare.  
Una presenza minore della famiglia viene compensata da collaborazioni tra agricoltori : le due aziende piu recenti hanno ad esempio collaborato per quattro anni durante la stagione estiva (affitto e lavorazione di campi in comune, con un terzo socio), ogni azienda mantenendo la propria attività in parallelo. Tutt’ora continuano a « darsi una mano », a scambiare idee, a condividere progetti.
    . Per la commercializzazione, il vero e proprio punto di svolta è rappresentato dalla nascita e dall’affermarsi dei Gruppi di Acquisto Solidali e dei mercatini Bio e del contadino.
Tutti i produttori parlano infatti di uno stravolgimento totale in positivo, tanto che ricordano i primi contatti con i GAS con grande emozione ed enfasi. Con i GAS prima, con i mercatini dopo, « .. è cambiato tutto ». Anche se, evidentemente, i GAS e i mercatini non possono risolvere per intero l’insieme dei problemi e rappresentare una soluzione unica, (nascono con loro ulteriori difficoltà da affrontare) ma hanno avuto un effetto dirompente a tutti i livelli. Dal punto di vista economico hanno rappresentato una garanzia per la vendita dei prodotti ad un prezzo giusto, consentendo maggiori fluttuazioni sia di quantità, sia di qualità dei prodotti a seconda delle stagioni. Questa garanzia economica consente a sua volta una maggiore programmazione della produzione e delle attività, permettendo in particolare di investire (ad esempio un’azienda si è potuta dotare di un impianto d’irrigazione a goccia che consente maggior risparmio dell’acqua).
Il modo in cui tutti i produttori descrivono questo cambiamento radicale dimostra quanto la dimensione economica e materiale sia indissolubilmente collegata all’aspetto psicologico. Le parole usate per descrivere questa svolta sono esplicite : « boccata d’aria, respiro, sicurezza », ed esprimono un sollievo evidente ed intenso che, a posteriori, fa intravedere la situazione di stress in cui vivevano prima. Un’altra dimensione psicologica molto forte è quella della gratificazione : la qualità del lavoro, dei prodotti, viene finalmente  riconosciuta, intesa, apprezzata dai consumatori. I valori alla base dell’attività degli agricoltori e degli sforzi da loro compiuti trovano riscontro nello scambio con i Gruppi d’Acquisto e con i clienti dei mercatini.
Da un punto di vista sociale e professionale, i GAS e sopratutto i mercatini consentono agli agricoltori di uscire dal loro isolamento, scambiarsi informazioni e contatti, con incidenze concrete e immediate sui metodi di lavorazione e sull’accesso alle materie prime.
Tutto questo rappresenta un incentivo a proseguire e andare avanti, sperimentando e aprendosi. Appare evidente che questi ultimi aspetti qualitativi sono ugualmente importanti, se non addirittura più importanti, della componente strettamente economica e tecnica.
    . Contemporaneamente, stanno emergendo numerosi gruppi d’iniziativa locali (comitati cittadini o associazioni di base) senza legami con la politica e caratterizzati dall’attenzione verso le problematiche ambientali, il territorio, l’agricoltura. Uno di questi è l’Associazione Crisoperla, con sede a Carrara, che raggruppa produttori Bio (agricoltori, allevatori e caseifici, apicoltori, pescatori, …), agronomi, associazioni di consumatori e GAS, in maggioranza toscani ma anche liguri. « Biologica e solidale », Crisoperla contribuisce in particolare a favorire i rapporti diretti tra produttori e consumatori, promuovendo l’ « agricoltura sociale » e « il ritorno a un’economia locale » non solo in quanto « punto d’incontro delle esigenze di reddito dei produttori e di quelle di equilibrio qualità-prezzo dei consumatori », ma anche come  « motore di un vero processo democratico di rinnovamento ».# Tre dei coltivatori che abbiamo intervistato sono aderenti a questa associazione con la quale partecipano attivamente alla reflessione sull’agricoltura Bio e a diverse azioni di promozione, d’informazione e di sostegno ad aziende Bio locali (mercatini del contadino, Rete Tutta un’altra città, contatti con diverse associazioni di Produttori, partecipazione a convegni regionali e nazionali, creazione di siti, ecc, ecc, …).
Come i mercatini e come i GAS, l’associazione Crisoperla non è percepita dai Bio-agricoltori come un’organizzazione di categoria sovraordinata ma, piuttosto, come un luogo creativo e collaborativo che dà vita ad un'occasione unica di confronti, di apertura, d’iniziative collettive e trasversali (a territori, gruppi e settori di attività) la cui messa in rete dà forza e stimoli ai singoli operatori.
    . Dai racconti, lo Stato, sia a livello nazionale che a livello delle diverse amministrazioni regionali e provinciali, è non solo globalmente assente, ma più spesso viene evocato in modo piuttosto negativo.  A livello nazionale, l’unica esperienza ricordata positivamente è quella di Pecoraro Scanio, Ministro dell’agricoltura nel governo Amato 2000. È in questo periodo, infatti, in concomitanza con l’ascesa dei Verdi in Europa, che si ha una maggiore attenzione e maggiori fondi destinati al Biologico.
Il ministro dei Verdi viene ricordato come il primo ad avere improntato una politica più attenta ai produttori, rivalutando le risorse della terra e dell’ambiente, cosi come l’immagine degli agricoltori biologici.
Pecoraro Scanio ha ad esempio introdotto nelle scuole la didattica ambientale, con vari progetti, ed è stato il primo a chiedere nell’agricoltura convenzionale maggiori controlli ai diserbanti e all’inquinamento.
Le Amministrazioni, almeno fino a qualche tempo fa, ad eccezione di singoli casi, hanno dimostrato una sostanziale indifferenza rispetto ai temi dell’agricoltura, in particolare a quelli specifici dell’agricoltura biologica.
Esse, infatti, sono ricordate dai nostri interlocutori come prevalentemente orientate verso la valorizzazione della viticoltura e dell’olivicoltura. Pur riconoscendo essi la ricaduta positiva che tale valorizzazione ha avuto sul territorio, non solo a livello di attività economiche e produttive, ma anche sul piano turistico. 
Le azioni delle amministrazioni locali svolte a favore dell'agricoltura nei primi anni novanta e, più di recente, a sostegno dell’agricoltura biologica, appaiono nelle interviste come degli interventi isolati, dovuti non a delle politiche strutturate, ma piuttosto alla presenza, nelle amministrazioni, di alcune figure attente al Biologico e alle problematiche dei piccoli contadini.
Vengono particolarmente ricordati un Assessore alla Provincia della Spezia, molto attivo nella promozione di corsi di formazione, teorici e pratici relativi al Biologico, e un Eurodeputato che, insieme a un assessore della Regione Liguria, ha dato una spinta importante, attraverso numerosi progetti e finanziamenti, al decollo della « Vallata del Biologico » nella Val di Vara.
Dopo un lungo periodo descritto come di (quasi) totale assenza e indifferenza, è recente la sensazione dell’apertura di una fase di maggiore attenzione e incentivo al Biologico, e di una maggiore interazione tra amministrazioni, produttori o cittadini, attraverso i GAS. Questa interazione si concretizza, tra l’altro, attraverso i mercatini e le esperienze cosidette di « filiera corta », cioè attraverso quelle esperienze che mirano ad accorciare la distanza tra produzione e consumo. Tuttavia, lo si vedrà più avanti, quest’apertura da parte delle amministrazioni rimane spesso molto prudente, per non dire diffidente, e non è esente da tensioni.

III - VALORI E  IDEALI
La cosa che più colpisce, conoscendo meglio la storia di questi agricoltori e ascoltandoli parlare della loro attività, è la potenza dei valori e degli ideali che si portano dentro. Appare con evidenza che sono proprio questi valori e questi ideali che hanno dato e che danno loro, tuttora, l’energia per andare avanti, nonostante le difficoltà e l’assenza di riconoscimento, per quanto stanno facendo per la collettività.
Alcuni di questi valori sono stati trasmessi attraverso la famiglia e il gruppo di riferimento, sono cioè l’espressione dell’appartenenza a una cultura contadina, ancora condivisa da molti abitanti della zona, almeno nei suoi ideali, anche se non più nella pratica. Su tutti : l’amore della natura, dell’ambiente, della terra e dei suoi prodotti. (« Ho sempre avuto un rapporto intenso con la natura » « […] non volevo usare la chimica per rispetto dell’ambiente » « Da ragazzina ero già nei campi, era una passione »). E l’amore anche del proprio lavoro, che culmina nella soddisfazione che uno prova quando la terra risponde, dando dei prodotti di qualità ( « È bello se le cose vengono, è davvero una soddisfazione personale »).
Il Biologico, però, non è un valore che si trasmette automaticamente dal gruppo di famiglia o da quello d’appartenenza : è il risultato di una scelta che, a secondo dei casi, interviene più o meno presto, più o meno « naturalmente » nel percorso degli agricoltori. « Il Bio è una cosa che uno ha dentro, ci cresce dentro, poi viene fuori ».
Comunque sia, questa scelta è fortemente radicata in questo patrimonio culturale. Essa viene ulteriormente esaltata, sviluppata, arrichita attraverso la formazione o l’ auto-formazione, basata su esperienze, letture, contatti.
L’essere un produttore Bio non è quindi solo un dato di fatto, sancito da una certificazione, ma è un processo che suppone apertura mentale e sociale, curiosità, flessibilità. È un percorso che non è mai chiuso né concluso, caratterizzato, non dalla ripetizione ciclica delle stesse procedure acquisite una volta per tutte, ma dalla capacità di rimettersi costantemente in gioco dal punto di vista dei metodi di coltivazione, dei modi di commercializzazione, della selezione dei prodotti, delle reti d’informazione e di quelle degli scambi.
Quando gli agricoltori parlano della loro pratica quotidiana di lavoro, ritorna sempre l’espressione « fare bene le cose ». Questo « fare bene » è innanzitutto rivolto alla tutela della natura e dell’ambiente attraverso una serie di accorgimenti che li distinguono dall’agricoltura convenzionale.
È anche rivolto, attraverso la qualità dei prodotti coltivati, alla salvaguardia della salute propria, a quella  della famiglia e delle persone a cui vengono poi venduti i prodotti. Il fatto di produrre alimenti che verranno mangiati dalla gente, e specialmente dai bambini, viene percepito come una vera e propria responsabilità, che rimanda alla funzione VITALE dell’alimentazione e quindi dell’agricoltura, produttrice di cibo : « Avevo già dall’inizio un riguardo per quello che davo alle persone ». A suo turno, questa responsabilità è fonte di tensioni e di angosce, ma anche di soddisfazioni quando, appunto, le cose vanno bene e vengono apprezzate per il  loro giusto valore, … : « .. è una grossa responsabilità, fare da mangiare alla gente […] la gente è molto contenta dei miei prodotti e compra la mia roba per fare il frullato ai bambini. » « Sei soddisfatto quando rende, è una soddisfazione per te, e poi per servire meglio i GAS ».
Evidentemente, la dimensione economica non è centrale in questo sistema di valori e  di prassi e viene compensata dalla dimensione etica, che prevale : « l’importante è di fare le cose bene, terreno e produzione. Non il fatturato » ; [da quando ho iniziato il Bio] « conta più fare bene agli altri, non solo il fatturato », « quando ho deciso di produrre della roba genuina, non ho pensato al fatto economico, ed ero molto contento della storia », « Il Bio rende meno, ma ci accontentiamo ».
Un altro valore forte nel discorso degli agricoltori Bio è quello della libertà : per qualcuno questa libertà viene esplicitamente affermata, rivendicata, con una forte connotazione politica : la decisione di diventare agricoltori Bio s’inscrive all’interno di un insieme più ampio di scelte di vita, che intendono esprimere resistenza, protesta e coerenza nei confronti di un sistema di cui non si condividono le regole (dal nucleare, allo sfruttamento della mano d’opera immigrata, dal consumismo il più sfrenato, alla produzione intensiva e alla distruzione dell’ambiente, …) : « il Bio è andare « contro » e rimanere liberi ; è anche una sfida con se stessi, a partire dalle scelte politiche ».
Per altri, l’espressione di quest’aspirazione alla libertà si ritrova nelle scelte riguardanti la conduzione dell’azienda agricola, ad esempio quelle di non ingrandirsi e di non assumere dipendenti : « Non voglio ingrandirmi. Se sbaglio, sbaglio io » ; o quella, più sottile e indiretta, di tenersi alla larga dalle dinamiche politiche locali, mantenendo la propria autonomia : « Finché non chiedi niente, puoi rimanere tranquillo ».
La diversità e la ricchezza di questi valori, che vanno ben aldilà del prodotto e della vita dell’azienda, non solo implicano dimensioni commerciali e culturali, ma si riferiscono anche alla vita e alla salute di tutti, esprimendo così un attegiamento di responsabilità nei confronti dell’insieme dei gruppi sociali, dell’ambiente e del cibo locali.
Occorre anche sottolineare la modernità di queste scelte, fatte, in alcuni casi, più di venti anni fa contro-corrente, anticipando movimenti che stanno affermandosi oggi e che tendono ad espandersi sempre di più.
È importante insistere sul carattere collettivo e trasversale di questi valori e di questi ideali : si notano non soltanto in tutte le aziende agricole Bio incontrate in altri ambiti locali, ma sono anche condivisi da altri gruppi di attori (consumatori dei GAS, tecnici indipendenti del settore pubblico, associazioni, comitati di difesa dell’ambiente, politici), che si stanno progressivamente collegando agli agricoltori.
Questo carattere collettivo si è concretizzato negli anni 90, attraverso le sinergie appena evocate, e sta riprendendo campo con nuove modalità d’espressione.  

IV - DIFFICOLTÀ, PROBLEMI
Al momento di presentare le difficoltà che emergono dalle testimonianze degli agricoltori, occorre fare due premesse :  
- I problemi sotto elencati sono stati espressi e condivisi da tutti. Alcuni di essi sono stati parzialmente superati a forza di prove e di contro-prove, col tempo e con l’esperienza, a seconda delle tappe del percorso di ogni singola azienda e della storia del Bio locale.
Però, nel loro insieme, questi problemi sono sempre di attualità e, per ora, nella ricerca delle soluzioni, prevale il « fai da te ». Di conseguenza,  le iniziative restano più o meno isolate, anche a causa del silenzio e dell’assenza delle istituzioni.
- Se grande parte di queste difficoltà possono riguardare anche le piccole aziende agricole convenzionali, va sottolineato che i produttori biologici sono, nella maggior parte dei casi, più esposti, più vulnerabili e quindi più penalizzati degli agricoltori convenzionali, di fronte a queste difficoltà.
Sono stati identificati quattro gruppi di problemi che riguardano rispettivamente
  • la produzione
  • la commercializzazione
  • il rapporto con le istituzioni
  • il futuro e il perpetuarsi delle aziende

- Produzione :
    . Incidenza delle condizioni climatiche e dell’ambiente.
Le aziende biologiche, che non utilizzano serre, avvertono maggiormente le irregolarità climatiche. Nel 2010, ad esempio, non si è prodotto la passata di pomodori perché i pomodori si sono ammalati e l’intera produzione annuale è andata persa.
La qualità dell’ambiente è un’altra variabile importante, e le carenze, sempre più marcate nella gestione del territorioincidono sulle condizioni di lavoro e di produzione e sulla qualità dei prodotti. Per le aziende di media montagna, l’eccessiva proliferazione dei cinghiali è un problema gravissimo: recinzioni rovesciate, campi con la loro produzione devastati, poggi o sentieri distrutti, piante sradicate, flora spontanea degradata, … per non parlare della convivenza non sempre facile con i cacciatori.
In pianura, nella zona vicina al Magra (Senato - Marinella), l’aumento della salinità nelle falde acquifere e nei pozzi nel corso dell’estate compromette la lavorazione e alcune produzioni.
Un altro problema ambientale gravissimo per l’agricoltura Bio è la moria delle api e di tutti gli insetti impollinatori, dovuta all’uso spropositato di pesticidi e di semi trattati, proprio nel periodo della loro maggior attività#. Per gli stessi motivi, si assiste ad un’alterazione dell’equilibrio tra insetti parassiti e insetti predatori, con la conseguenza dell’aumento delle infestazioni sulle colture biologiche.
    . Reperibilità delle materie prime e servizi alle aziende
Altri problemi sono riconducibili alle caratteristiche strutturali del settore dell’agricoltura, prevalentemente indirizzato verso l’agricultura convenzionale.
La cooperativa Fratellanza agricola di Sarzana, già citata, oggi diventata Agriluna, fornisce semi solo su ordinazione.  
Sono segnalate tuttora difficoltà nel reperire sementi specializzate e varietà di piantine Bio, adatte alle caratteristiche della zona e delle singole aziende biologiche, ma anche trattamenti, concimi, componenti specializzati e certificati che, fra l’altro, hanno dei costi molto più alti dei trattamenti convenzionali.
In relazione al mancato sviluppo dell’agricoltura biologica in Italia negli anni passati, e tutt’ora, manca la possibilità di riperire semi per il motivo semplice che non c’è convenienza a produrli. Gli agricoltori Bio sono quindi costretti a richiedere una deroga all’ENSE (Ente Nazionale Sementi Elette) per essere autorizzati ad usare dei semi convenzionali, ma non trattati e esenti da OGM (se è stato accertato che i semi Bio non esistono).
    . Laboratorio di trasformazione a norma
La trasformazione (marmellate, sughi, conserve, sott’oli, …) è una soluzione per valorizzare i prodotti raccolti e compensare un picco stagionale di produzione. Non tutte le aziende hanno la possibilità di disporre di un laboratorio di trasformazione a norma. Si avverte, quindi, la necessità di ricorrere a una struttura già esistente a un prezzo accessibile.
Esiste nel territorio un laboratorio di trasformazione per terzi, costruito direttamente con soldi pubblici che prevede anche una produzione riservata al Biologico, secondo le norme in vigore. Tale produzione,però, fino ad oggi, pare non sia ancora stata attivata, per mancanza diffusa di sensibilità verso il Biologico, e « per precise scelte politiche dovute all’egemonia di una associazione di categoria in particolare».
    . Mancanza di strutture di formazione e d’informazione.
Ad eccezione di alcune iniziative puntuali o di portata limitata, già segnalate, prevale, in quest’ambito più che mai, il « fai da te » : l’informazione in rete o i canali informali (mercatini, GAS, comitati vari che offrono occasioni di scambio, quindi d’informazione) tendono a compensare le carenze istituzionali. Questa situazione incide sull’attività delle aziende, che spendono tempo, energia e soldi per trovare delle soluzioni appropriate alla loro situazione, alle loro difficoltà, e potrebbe influenzare negativamente il futuro delle aziende e del settore del Bio.
Viene anche lamentata l’ignoranza diffusa degli agricoltori convenzionali, sia giovani che vecchi, non solo per quanto riguarda il Bio, ma anche per quanto riguarda i temi connessi, in generale, all’agricoltura.
    . Troppa burocrazia, controlli poco efficenti e problemi di gestione del tempo
Penalizzate dal punto di vista del percorso formativo, le aziende biologiche sono anche, più delle aziende convenzionali, sottomesse a procedure burocratiche pesanti : per garantire la tracciabilità dei prodotti, ogni piantagione, ogni passaggio su acquisti, vendite e trattamenti va segnalato su appositi registri. Anche se, con il tempo, i produttori imparano a gestire meglio questo incarico organizzativo, codesto rimane, tuttavia, una costrizione supplementare e penalizzante.
Tutti gli intervistati aggiungono che queste misure, il cui scopo è giustamente di garantire il rispetto delle norme di coltivazione biologica, sono il più spesso inefficienti e inutilmente offensive : lo scritto, da solo, non può costituire una garanzia (« Ci trattano come dei delinquenti. Tanto, se vogliamo essere delinquenti, lo possiamo essere »).  
Si lamenta, peraltro, la pressochè totale mancanza di monitoraggi sul campo, effettuata dai tecnici esterni. Solo un’azienda, tra quelle intervistate, viene controllata con regolarità. Tutti concordano : preferirebbero, da parte degli enti preposti, più controlli a sorpresa sul campo, effettuati da tecnici competenti e sperimentati.
Questo peso burocratico a cui si sommano le altre difficoltà che stiamo elencando, scoraggiano i più giovani : « Si deprimono i pochi giovani che ci sono. Ci sono troppe cose da capire, da fare ». In alcuni casi, tutte queste complicazioni hanno perfino portato aziende che ne avrebbero avuto i requisiti a rinunciare alla certificazione Bio : « Mia zia ha rinunciato ad iscriversi perché si è stancata di tutti questi problemi ».
È risaputo che la categoria degli agricoltori è una delle più penalizzate per il tempo che deve dedicare alla propria attività e per la quasi totale assenza di periodi di vacanza. Questo problema è sentito, ancora di più, dagli agricoltori biologici, a causa dei loro metodi specifici di lavorazione e del peso in più rappresentato dalla gestione della burocrazia.
    . Incidenza dei costi
Anche sul fronte dei costi, gli agricoltori biologici sono notevolmente penalizzati. Sebbene abbiano bisogno di molta forza lavoro (basta ricordare la necessità di diserbare a mano, poichè non usano diserbanti chimici), non è conveniente, per loro, sostenere costi ulteriori di mano d’opera. Questo peso eccessivo dei costi si fa sentire anche sul versante dei prodotti che loro utilizzano.

- Commercializzazione
Nonostante la situazione migliori molto con i GAS e i mercatini, la prima difficoltà che hanno da affrontare le aziende biologiche, che sono all’inizio della la loro attività e che non hanno ancora stabilito una relazione di fiducia con i clienti, è quella di commercializzare la produzione in condizioni soddisfacenti, sia per l’agricoltore che per il consumatore : « Il più difficile è vendere a prezzo giusto quello che hai ».
I problemi già segnalati a livello della produzione (irregolarità in termini di varietà, di volumi, di qualità) si ripercuotono sulla fase di commercializzazione. Non a caso, il settore delle verdure è quello fra i più complicati da organizzare e da gestire, nel momento di fare incontrare offerta e domanda. E quando sono ottimizzate le condizioni di vendita, salta fuori il problema della produzione troppo scarsa o non abbastanza diversificata : « Siamo pochi sui mercatini, manca la diversità e la quantità per la scelta ».
Al di là dei problemi di mercato, ancora una volta, i piccoli produttori Bio sono maggiormente penalizzati di quelli convenzionali dall’assenza di una cultura diffusa del « naturale ». La « tradizione contadina » dell’orto di famiglia si sta spegnendo e i consumatori sono ormai sempre più abituati ad usufruire dei  prodotti della grande distribuzione. Condizionati dalla pubblicità martellante e dalla normativa di settore, che impone un’eccessiva omologazione dei prodotti, sia in termini di varietà, che di aspetto (calibro, colore e apparenza, …), che di confezionamento, i consumatori, spesso, rimangono molto diffidenti nei confronti dei prodotti biologici.
Molto raramente sono a conoscenza delle differenze tra prodotti convenzionali e prodotti Bio, in termini di sapore e di qualità nutrizionali.
Tali prodotti vengono considerati, spesso, di scarsa o di minore qualità proprio perché presentano sovente misure irregolari, macchie, colori meno « attraenti » rispetto ai prodotti venduti nei supermercati.
In base anche al loro aspetto meno appariscente, i prodotti Bio sono giudicati troppo cari, senza che vengano prese in considerazione le loro condizioni di produzione, o il ruolo positivo dell’agricoltura biologica di prossimità, in termini di costi di trasporto e di tutela dell’ambiente naturale e animale. Quindi, quando il prezzo viene valutato, generalmente non si tiene conto dei risparmi indiretti indotti dal Bio, nè dei costi indiretti, impliciti nelle pratiche dell’agricoltura intensiva.
La pratica, poi, ormai diffusa, del consumo di qualunque varietà di prodotto ad ogni stagione, tende a penalizzare ulteriormente i prodotti che della stagionalità fanno uno dei loro punto di forza : « Vogliono le melanzane mentre ti vengono cavoli, radicchio, finocchio … »
Pure nei GAS, laddove si potrebbe supporre l’esistenza di una migliore conoscenza o perlomeno di una maggiore apertura, è talvolta lungo e difficile il percorso di una presa di coscienza, da parte di tutti, della realtà del processo naturale, e delle condizioni obiettive di produzione e di lavoro degli agricoltori Bio.

- Rapporto con le istituzioni e le associazioni di categoria
Come già emerso, il silenzio o l’incuria delle istituzioni vengono percepiti come disinteresse nei confronti delle piccole aziende biologiche di prossimità.
Le  azioni svolte casualmente rimangono, quasi sempre, segnate da diffidenza e da tensioni nei confronti dei contadini.
    . ne è un esempio l’organizzazione dei mercatini che, in certi casi, incontrano ostacoli dovuti all’ostilità dei commercianti o degli artigiani locali, i quali sono, per ovvi motivi, più volentieri ascoltati e appoggiati dalle amministrazioni comunali. Uno dei primi casi fu quello del mercatino organizzato a Sarzana dai negozianti di Via Fiasella e delle vie adiacenti, per valorizzare la zona della Cittadella, e che ebbe vita breve per il suddetto motivo. Più recentemente, c’è stata una polemica per la creazione del mercatino di Piazza Brin alla Spezia, che però non è riuscita a fermare l’iniziativa, portata avanti con entusiasmo e determinazione dai GAS e dai produttori, e che sta incontrando grande successo.
In effetti, mentre numerosi progetti di mercatini gestiti dalle Associazioni di categoria « s’interrompono con l’esaurimento delle sovvenzioni », le iniziative « volute dalla gente », cioè dai GAS e dai produttori, sono più dinamiche e durevoli, nonostante le difficoltà incontrate (Piazza delle Erbe a Carrara e Piazza Brin alla Spezia).
    . Sono già state segnalate le carenze delle amministrazioni pubbliche nell’ambito del lavoro (assenza di politiche di formazione e d’informazione) e  in quello della tutela dell’ambiente e del territorio (emergenza cinghiali in montagna, risalite di acqua salata nella vallata).
A queste si aggiungono le politiche di urbanizzazione, che stanno sacrificando ricchissime terre agricole : nella vallata del Magra, i terreni agricoli scompaiono a vista d’occhio e sorgono costruzioni anche nelle zone particolarmente fertili sotto la Aurelia, finora esclusivamente dedicate all’orticoltura a alla frutticoltura e ad altre attività agricole tradizionali della zona. Per le zone agricole situate nelle vicinanze di aree in corso di urbanizzazione, queste politiche hanno come doppia conseguenza l’aumento dei prezzi dei terreni e il blocco delle transazioni agricole : « Chi ha dei terreni vicini aspetta ; sono tutti sul chi va là, aspettano il cambio di destinazione ; quindi aumenta il valore. E l’agricoltore non ha più la prospettiva di acquisire i terreni ».
I contributi (ad esempio per la lotta biologica) che, nel passato, sono stati erogati per sostenere le aziende Bio, possono essere un’arma a doppio taglio. Gli agricoltori ne riconoscono l’utilità, però considerano che, per avere un effetto tangibile e duraturo, andrebbero affiancati ad azioni mirate per accompagnare le aziende, creando così coscienza e competenze specifiche in coloro che ne usufruiscono. Questi contributi dovrebbero tendere a valorizzare il risultato finale in termini di qualità dei prodotti, di competenze acquisite, di etica nella gestione dell’azienda, e di durata nel tempo. Mentre, spesso, si esauriscono col loro ottenimento.
Ad esempio, è stato riportato che sono nate negli anni scorsi nel « mondo del Bio » delle aziende che avevano usufruito di sovvenzioni e che, una volta esauriti i fondi, hanno semplicemente chiuso l’attività.  
    . Le associazioni di categoria.
Dalle interviste, risulta che le associazioni di categoria (COLDIRETTI, CIA, UNIONE, …) non hanno mai dimostrato una competenza specifica nel campo del Biologico, -a parte l’interesse personale di qualche agronomo- : « Il Biologico non è rappresentato da nessuno ». Se qualcuno ricorda degli atteggiamenti di ostilità nei confronti di chi ha scelto la filosofia e i metodi Bio, nell’insieme prevale l’immagine di una neutrale indifferenza, che si esaurisce con la riscossione del tributo associativo e con i ricavi, legati alle numerose e costosissime pratiche per la presentazione di progetti di varia natura, oppure con l’intercettazione di fondi europei.
Nonostante ci siano numerose sovvenzioni e azioni a sostegno del Bio a livello comunitario, esse non vengono pubblicizzate e rischiano di essere opportunità perse, perchè non se ne usufruisce. Spesso col rischio di vedere i finanziamenti  spostati verso altri obbiettivi.
    . Gli organismi di certificazione. Ai problemi di ordine burocratico già accennati, si aggiungono quelli economici : per delle aziende piccole come quelle considerate, il costo di adesione annuale incide notevolmente sul prodotto finale, con le conseguenze che ne derivano. Il fatto stesso che l’ente certificatore debba essere pagato dall’azienda che ne richiede il servizio (controllo qualitativo delle fasi di produzione e della qualità del prodotto finale), crea una certa ambiguità.

- Il futuro
    . Evoluzione e trasmissione delle singole attività.
Per i  produttori, lo abbiamo capito, è molto bello constatare che le proprie aziende ci siano ancora ! È molto bello essere riusciti a portarle avanti nonostante le numerose difficoltà appena elencate.
Le due aziende nate negli anni ’90 hanno ormai raggiunto un equilibrio a livello della produzione, della gestione dell’azienda e della commercializzazione, mentre le due più recenti si stanno progressivamente consolidando, in particolare grazie alle diverse iniziative di filiera corta avviate in alcuni comuni di Toscana e  Liguria, alle quali partecipano.  
Per quanto riguarda il futuro immediato della loro attività, non hanno espresso nè particolari preoccupazioni nè progettano cambiamenti importanti.
Per tutti, la parola d’ordine è : « Può andare, ora dobbiamo stabilizzare, migliorare quello che c’è ».  
Crescere non è un obiettivo prioritario per nessuno, anche se l’azienda di media montagna ne avrebbe la possibilità in termini di terreni : « Crescere non è il nostro obiettivo, ma qui si potrebbe ; però facendo due conti non conviene ingrandirsi troppo, conviene meglio curare la qualità della proprietà e del prodotto ». « Avere dipendenti no, rimango solo. Se mi va male, mi va male a me. […] Sono limitato come suolo, è meglio migliorare quello che c’è ». 
A più lungo termine, la trasmissione dell’attività sembra assicurata per due delle aziende pionieri : la prima all’interno della famiglia, la seconda affittando l’attività, le attrezzature e gli immobili. In entrambi i casi, le donne hanno assunto, fino a questa generazione, un ruolo prevalente nella trasmissione dell’attività agricola, e in quella di montagna sarà una figlia degli attuali titolari a riprenderla.
Un altro agricoltore spera di poter trasmettere l’ azienda a un suo nipote, per ora ancora troppo giovane : « Vorrei lasciare a chi resta un’opportunità di lavorare o un’alternativa. L’importante è che capisca che questa vita si può fare, senza troppi sacrifici. Mi piacerebbe che diventasse una cosa attraente, invitante ».  
Forse perché più soli, dal punto di vista della famiglia, gli agricoltori delle due aziendi recenti sembrano particolarmente sensibili alle dinamiche attuali : « Bisogna fare sistema, allargare la rete dei produttori  e dei consumatori ». Sperano anche di poter coinvolgere qualche altro coltivatore locale al Biologico.
E tutti condividono la stessa costatazione :  « Gli ortaggi, non li fa nessuno di giovane ».
. Futuro del settore Bio
L’8 e il 9 febbraio 2011 si è svolta a Milano la prima Assemblea Nazionale dei Produttori Biologici della Federbio, una grande federazione del settore. # Ci hanno partecipato alcuni produttori Bio soci di Crisoperla, tra cui una delle aziende intervistate. Le loro testimonianze riflettono preoccupazioni e speranze che si esprimono in tutta la filiera, nell’ambito del dibattito sulla riforma della Politica Agricola Comune dopo il 2013.
In positivo, vanno riportati i numerosi segnali di ripresa dei consumi di prodotti biologici, sia a livello mondiale che europeo. Ovunque sta crescendo la domanda di prodotti biologici.  Infatti, sotto la doppia spinta dei cambiamenti climatici e della crisi finanziaria ed economica internazionale, stanno cambiando non solo i comportamenti di consumo ma anche le politiche nei confronti dell’agricoltura e dell’alimentazione. Numerosi paesi europei si stanno orientando a favore dell’agricoltura biologica e del suo sviluppo.
Per ora, tuttavia, prevalgono i motivi d’inquietudine :
    . Nonostante si sia incrementato, anche in Italia, il consumo di prodotti Bio, il numero di produttori biologici sta diminuendo.
    . I produttori biologici non sono ancora sufficientemente uniti ed organizzati, e il settore non è abbastanza rappresentato politicamente, quindi non ha abbastanza peso nei confronti degli altri settori dell’agricoltura.
    . Le scelte politiche a livello nazionale stanno privilegiando il settore convenzionale, e per ora non si nota la volontà di fare delle scelte precise a favore del Biologico.
    . Pare che in alcune Regioni italiane, anche in Toscana, che  una volta era l’avanguardia dell’agricoltura biologica, siano assenti gli agricoltori Bio dal tavolo verde delle negoziazioni, e che sia diffuso il « boicottaggio » dei prodotti Bio.
Gli agricoltori sono decisi a essere vigilanti e a rinforzare in tutte le maniere l’organizzazione e il peso del settore del Biologico.

PROSPETTIVE - PROPOSTE PER IL FUTURO
Riportiamo in conclusione una serie di proposte che sono state dedotte dall’analisi delle testimonianze degli agricoltori intervistati.
Queste proposte non implicano necessariamente l’utilizzo di risorse economiche ingenti, si basano piuttosto sull’elaborazione di precise scelte strategiche : tecniche, politiche, educative, culturali, ... in grado di coinvolgere in modo trasversale diversi gruppi e tipi di attori, locali e non.  
Tali proposte si rivolgono in effetti sia alle amministrazioni nazionali e locali, o ai sindacati di categoria, sia all’insieme degli attori che, nel corso della ricerca, sono stati identificati come protagonisti nella storia delle aziende agricole biologiche, compresi i consumatori, siano essi membri dei GAS o clienti diretti degli agricoltori in azienda e nei mercatini. Si rivolgono inoltre anche ai comitati e associazioni che, nelle attuali dinamiche socio-politiche locali e nazionali, appaiono direttamente coinvolti nella tutela del suolo, dell’ambiente e del paesaggio, e che condividono i valori delle reti di produttori e consumatori del settore Biologico.  
Le proposte più importanti emerse dalla ricerca sono le seguenti :
- favorire l’organizzazione e la messa in rete delle associazioni di produttori e di consumatori Bio,
    . per allargare e sviluppare l’agricoltura di prossimità e il rapporto diretto tra consumatori e produttori, 
    . per chiedere alle Regioni e al Ministero un nuovo impegno a sostegno del settore dell’agricoltura biologica nell’ambito delle consultazioni per la revisione della Politica Agricola Comune, garantendole un nuovo ruolo nello sviluppo rurale, 
     . per dare più peso ai produttori Bio nelle trattative a livello nazionale ed     europeo ; 
- favorire la diversificazione delle produzioni locali. Valorizzare e sostenere tutti i prodotti agricoli -non solo la viticoltura e l’oleicoltura- avrebbe ricadute positive su tutto il territorio. In termini economici, la diversificazione resta una scelta strategica più efficace di un'attenzione monosettoriale ;  
- salvaguardare i terreni agricoli dagli usi impropri e dalla cementificazione ; bloccare gli effetti perversi dell’urbanizzazione sui costi dei terreni, aumentando la durata dei vincoli a lunghi periodi ;
- applicare e tutelare le normative a favore degli agricoltori nell’accesso alla terra (Legge Regionale sull’utilizzazione delle terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate) ;
- Fare pressione per ottenere la semplificazione delle normative sul Biologico a vari livelli : europeo, nazionale, regionale, e dei controlli più idonei alle attività dei produttori ;
- incentivare la creazione di servizi alle aziende biologiche, promuovendo
    . l’unione di produttori di tipo cooperativo, per l’acquisto e il mantenimento di mezzi di lavorazione collettivi
    . la vendita di sementi, piantine, concimi, tutti rigorosamente biologici
    . il miglior funzionamento del laboratorio di trasformazione già esistente o di altre eventuali strutture già esistenti
    . la messa a disposizione delle singole aziende agricole di un tecnico pubblico esperto nel Biologico
    - promuovere il ritorno delle associazioni di categoria alla loro vocazione iniziale, cioè alla difesa dei produttori, indipendentemente dalle dinamiche politiche, locali o nazionali ;
- promuovere l’informazione sul Biologico e valorizzare l’immagine dell’agricoltura biologica nei diversi gruppi sociali e istituzionali di riferimento, come emerso dalla ricerca (consumatori, agricoltori, politici, associazioni di categoria, ...), facendo capire che ci può essere anche un sufficiente rientro economico ;
- realizzare (sulla base di una volontà politica comunale e sovracomunale) un percorso educativo e formativo nelle scuole che, motivando e formando i giovani, consenta d’individuare quelli più interessati all’ambiente e all’agricoltura, accompagnandoli verso una formazione professionale completa. Questo percorso dovrebbe essere caratterizzato da una scelta di qualità basata su una formazione al Biologico, ed essere svincolato da ogni legame con l’industria (prodotti chimici, attrezzi e articoli tecnici per l’agricoltura) e con la politica. Occorrerà per questo avvalersi dell’aiuto di esperti, tecnici e ricercatori universitari che già in passato hanno dimostrato la loro capacità e sensibilità in merito. Altre risorse formative potrebbero essere individuate nelle associazioni nei comitati e di base interessati, e nelle aziende biologiche locali.

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